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lunedì 5 aprile 2010

"SPAZI E SOCIETA' A RISCHIO. ECOLOGIA, PETROLIO E MUTAMENTO A GELA"

PIETRO SAITTA

THINK THANKS 2009

Una storia locale? Non esattamente. Gela, la città siciliana che fa da sfondo a questa ricerca, incarna questioni più ampie, connesse alla relazione tra grande capitale e territori periferici. Parlare di Gela significa discutere degli esiti dell`industrializzazione diretta centralmente, del sottosviluppo, del ricatto occupazionale, dell`incertezza, del rischio sanitario e della resistenza che esso genera.
Spazi e società a rischio presenta una severa analisi della relazione tra capitale e consenso, tra industria e paura, tra impresa e politica, tra salari industriali e consumi. Uno studio di comunità che non lascia molto spazio alla speranza, ma che non rinuncia a individuare percorsi di cambiamento e liberazione.
Il libro affronta il nodo dello sviluppo in una città del sud, Gela, divenuta nel corso dei decenni un emblema della storia e delle contraddizioni del meridione. Il nodo che il sociologo messinese Pietro Saitta osserva in una prospettiva storica e sociologica è per buona parte lo stesso osservato da Hytten e Marchioni in un classico testo del 1970, dedicato all’“Industrializzazione senza sviluppo”: quello relativo al paradossale ruolo dell’Eni nel determinare processi di (sotto)sviluppo economici e, soprattutto, sociali nel territorio in esame. Quegli stessi processi, peraltro, che secondo numerose analisi sarebbero alla base della deriva mafiosa che ha investito questa città, determinandone la sinistra fama che la ha accompagnata nel tempo (i baby-killer, la stidda, etc.).
Saitta rivisita dunque la letteratura sociologica sulla città (vastissima, malgrado le ridotte dimensioni del centro: ottantamila persone circa) e la aggiorna. Lo fa, soprattutto, a partire dalla questione ambientale, divenuta nel frattempo nodale. Presumibilmente in ragione della presenza dello stabilimento Eni e delle sue emissioni gassose e marine, protrattesi per decenni in modo a volte selvaggio (per ammissione dell’azienda stessa), Gela è divenuta negli anni la capitale di particolari tipi malformazioni (come per esempio le ipospadie), oltre ad essere massivamente caratterizzata da particolari neoplasie. Grazie alla pressione dei numerosi comitati ambientalisti e a quella che l’autore definisce “epidemiologia popolare”, magistratura e persino enti internazionali come l’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno potuto accertare la gravità in cui versa l’ambiente cittadino, infliggendo condanne e imponendo limiti alle attività industriali.
La consapevolezza dei danni derivante da questa violazione protratta dell’ambiente ha suscitato diverse reazioni nella cittadinanza ed ha suscitato un dibattito, contraddittorio ma costante nel tempo, intorno al futuro dell’area. Un futuro “sostenibile”, che si scontra però con ostacoli strutturali e civili (la presenza mafiosa, la dipendenza dei cittadini e delle piccole imprese dall’Eni, la limitatezza delle opzioni di sviluppo, i ritardi nelle bonifiche, etc.). Impiegando la lotta per il futuro come un pretesto per la sua discesa sul campo, Saitta esercita una genealogia delle forme del potere, intrecciando la storia locale e quella più generale del Paese, alla base della scelte economiche compiute negli anni cinquanta. L’autore rivisita le teorie sullo sviluppo diffuse negli anni in cui la trasformazione da società agricola ad industriale della città prendeva luogo, analizza i discorsi di Mattei, intervista decine e decine di persone (politici, imprenditori e semplici cittadini), testimoni diretti di questo passaggio o semplici spettatori delle sue conseguenze.
Vengono rivisitate vecchie questioni (come l’assalto al municipio degli anni ottanta da parte dei proprietari di case abusive o le manifestazioni per il pet-coke, all’insegna del “meglio malati che disoccupati” ) e nuovi paradossi (per esempio la vicenda dell’“acqua potabile ma non bevibile” oppure i cambiamenti reali e supposti del “rinascimento gelese” ad opera del sindaco Crocetta).
In conclusione, quello di Saitta è un libro di sociologia urbana, pensato non solo per appassionati del genere in ragione del modo in cui l’autore connette vicende e teorie particolari e generali (Gela come parte di un processo storico su scala globale, si potrebbe dire). Ma anche un libro “politico”, che riflette sulle contraddizioni del presente e fornisce il punto di vista delle élite locali così come dei cittadini comuni riguardo il futuro economico del territorio. Interessanti anche i due saggi, posti in apertura e in chiusura alla ricerca, a opera di Pierpaolo Mudu e Luigi Pellizzoni, ricchi di spunti sulle forme “biopolitiche” di controllo del territorio e sui significati ultimi della ricostruzione offerta dal libro.





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