"FURORE"
JOHN STEINBECK
BOMPIANI 2001 COLLANA "I GRANDI TASCABILI"
John Steinbeck può, ad ogni titolo, annoverarsi tra i protagonisti della narrativa statunitense novecentesca; tutte le sue doti vengono a riassumersi in quello che per molti critici deve ritenersi il capolavoro assoluto della sua intera produzione: "Furore", risalente al 1939.
Con una scrittura diretta, priva di qualsiasi intermediazione, l'autore descrive, al pari dei registi aderenti al movimento cinematografico italiano del "neo-realismo", il trasferimento di un'intera famiglia alla disperata ricerca di una nuova possibilità di sopravvivenza all'indomani del "terremoto" prodotto dalla Grande Depressione statunitense, già allora cagionata da meccanismi di finanziarizzazione divenuti incontrollabili, tanto da ridurre alla disperazione milioni di persone, costrette, dall'oggi al domani, ad un drastico mutamento delle rispettive condizioni sociali.
Come moderni migranti, i "negri", i componenti della famiglia Joad inseguiranno il sogno dell'Ovest, irto di ostacoli e disperazione: sottomissione, sfruttamento, campi di accoglienza.
L'etica protestante statunitense, tutta imperniata di individualismo e speranza nel futuro, assume le fattezze di un tiranno pronto a fagocitare i "rifiuti" di una società classista, disposta, pur di rinsaldare le fondamenta, ad accettare la prevaricazione quale male minore.
La California, la disperazione, la rassegnazione.
"E finalmente apparvero all'orizzonte le guglie frastagliate del muro occidentale dell'Arizona... e quando venne il giorno, i Joad videro finalmente, nella sottostante pianura, il fiume Colorado... Il babbo esclamò: "Eccoci! Ci siamo! Siamo in California!". Tutti si voltarono indietro per guardare i maestosi bastioni dell'Arizona che si lasciavano alle spalle"
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